martedì 17 aprile 2012

Basta

"Basta, quando è troppo è troppo, lo Stato ci affama aumentando le tasse e non è neanche in grado di ridurre di un po' tutti i soldi che vengono succhiati dai partiti per i rimborsi elettorali. Io me lo ricordo quando Monti venne nominato Capo del Governo, quando disse, chiedendo la fiducia al Senato, che il suo era un "Governo di impegno nazionale" che doveva "assumere su di sé il compito di rinsaldare le relazioni civili e istituzionali, fondandole sul senso dello Stato" e "Di fronte ai sacrifici che sono stati e che dovranno essere richiesti ai cittadini sono ineludibili interventi volti a contenere i costi di funzionamento degli organi elettivi. I soggetti che ricoprono cariche elettive, i dirigenti designati politicamente nelle società di diritto privato, finanziate con risorse pubbliche, più in generale quanti rappresentano le istituzioni ad ogni livello politico ed amministrativo, dovranno agire con sobrietà ed attenzione al contenimento dei costi, dando un segnale concreto ed immediato. Si dovranno rafforzare gli interventi effettuati con le ultime manovre di finanza pubblica, con l'obiettivo di allinearci rapidamente alle best practices europe".Questo diceva e, cose è successo dopo? Nulla. A fronte di sacrifici chiesti ai cittadini, nulla è cambiato.
Ora, la trimurti Alfano, Bersani e Casini, nel silenzio di tutti gli altri stronzi arrivisti falliti, continua a ripetere che il finanziamento pubblico ai partiti è ineludibile, che senza i partiti sarebbero in mano a lobby private, che se non ci fossero quei soldi, che gli italiani avevano già detto con referendum che non dovevano esserci, la ricostruzione de L'Aquila, per esempio, sarebbe stata portata avanti a suon di tangenti e imprenditori sghignazzanti. Questo ci dicono e allora io vi dico basta. Basta starli ad ascoltare. Basta illudersi che possa arrivare un deus ex machina a risolvere i nostri problemi, basta confidare in questa gente, basta, basta, basta. Ora, quello che dovete fare non è altro che dire anche voi basta, stracciate la vostra tessera elettorale, vogliono governare l'Italia, lo facciano senza i nostri voti. Stracciate le tessere di partito, vogliono il gazebo? Le cameriere alle feste dell'Unità? I ragazzi a volantinare? Se lo facciano loro, splendidi sessantenni che sono a capo della baracca, sia che sia una sede nazionale che il circolo del partito dietro casa vostra. Vadano loro in strada, se tanto ci tengono. Voi dite basta, fate un passo indietro. Quello che si doveva fare per l'Italia, lo si è fatto. Basta, basta farsi tirare per il culo, basta sentirsi dire che i giovani sono una risorsa, basta. A volte bisogna dimostrare di avere dignità e saper accettare la sconfitta. Questa generazione di sessantenni cresciuti sotto lo scudo crociato e la falce e il martello ci ha fottuto. Riconosciamo la sconfitta, ma non umiliamoci. Non andiamo ad aiutare il nostro candidato sindaco di 70 anni, aspettiamo che sia lui a fare campagna politica per noi e non viceversa. Basta comprare i giornali di partito che vendono 4 copie ed esistono solo per avere dei finanziamenti. Ci hanno tolto anche la capacità di indignarci. Basta ai giornali delle inchieste contro Berlusconi che ci hanno fatto credere che il male fosse tutto da una parte. Basta allo Stato macrospico, basta ai consigli regionali dove ci sono 80 stronzi a prendere più di 100.000 Euro l'anno per fare 4 leggi regionali di merda che non servono a nulla. Basta con l'indignazione per Renzo Bossi e Nicole Minetti, quando non si capisce che quello è un semplice bubbone di un corpo appestato. Basta, basta a tutto. Basta seguire i sindacati, basta seguire confindustria. Hanno fallito tutti, miseramente. Con i loro silenzi, quando faceva loro comodo. Hanno fallito, sono dei falliti. Quindi basta seguire i falliti. Basta".
Poche persone sentirono queste parole, gridate nel vento da Federico, corpulento uomo pelato veneto, davanti al Parlamento, prima di farsi esplodere.

venerdì 6 aprile 2012

Sincerità


"Italiane e Italiani, in questi mesi di duro lavoro, abbiamo cercato di risistemare i conti dello Stato. Vi abbiamo chiesto, e vi stiamo chiedendo ancora, sacrifici. Abbiamo aumentato le tasse, abbiamo reintrodotto l'ICI, aumentandola, inventato nuovi balzelli, persino se volete farvi un viaggio in aereo ora pagate di più. E, lo sappiamo, la nostra riforma del lavoro non porterà a niente. No, neanche la scuola toccheremo, non siamo in grado di proporre una sua riforma credibile, perché non ci sono soldi. Anche le misure per lo sviluppo non porteranno a nulla, avete mai sentito di sviluppo senza investimenti? Siamo seri. E noi lo siamo, siamo professori, lo sappiamo quello che si può e quello che non si può fare. Qualcuno di voi si sta suicidando, è una cosa triste, che ci lacera, ma che ci fa risparmiare. Siamo in tanti, oltre 60 milioni, forse è un discorso arido e cinico, ma qualcuno in meno, non può che giovare alle casse dello Stato, specie nel lungo periodo. No, non aspettatevi nemmeno la riforma della giustizia, non solo non ci sono i soldi, ma non possiamo neanche stravolgere un sistema giuridico che è considerato tra i peggiori del mondo occidentale senza mettere in conto di entrare in conflitto con la magistratura. E non ne abbiamo alcuna intenzione. No, le banche non verranno toccate, perché senza banche che ci girino tutti i dati dei vostri conti correnti, non saremmo in grado di essere puntuali nella rilevazione delle vostre grandi e piccole evasioni. No, non aspettatevi nulla, se non di riuscire a sopravvivere. Quello che potevamo fare, farvi pagare, l'abbiamo fatto, ora alziamo bandiera bianca. Italiani, abbiamo salvato lo Stato, il nostro e vostro Stato, ma non potete aspettarvi altro, almeno per ora. Inutile che vi illudiate, le vostre fortune e le vostre disgrazie sono solo nelle vostre mani, noi ora inseriremo il pilota automatico, governando il governabile e perdendo tempo, che Dio vi assista".
Il Premier si alzò, girò le spalle ai giornalisti e si incamminò verso il Quirinale, lo aspettava il Presidente della Repubblica, per un thè.

mercoledì 4 aprile 2012

La mia scuola

SCUOLA
Come spiegare l'Arnaldo 63° in classifica.
Da ex arnaldino ormai trentaduenne non ho potuto che leggere con stupore e rammarico la notizia secondo cui l'Arnaldo è solo 63simo nella classifica delle 453 scuole lombarde; almeno stando agli studi della Fondazione Giovanni Agnelli che, su basi scientifiche, hanno «catalogato» tutti gli istituti presenti nel territorio, in base non solo alla qualità dell'insegnamento (difficilmente valutabile), ma anche ai risultati ottenuti dagli ex alunni appena abbandonate le mura scolastiche.
Ebbene, vedere la mia scuola cadere così in basso, superata dal Calini, dal Copernico, dal Golgi e dall'Olivelli Putelli di Darfo, è stato un colpo al cuore.
Dopo aver gridato, dentro di me, al complotto, aver deriso le fredde statistiche matematiche che mai potranno imprigionare lo spirito letterario, ebbene, dopo tutto questo, mi sono fermato a ricordare e riflettere.
E mi sono venute in mente le ore passate ad ascoltare impettite professoresse ripetere stanche lezioni imparate anni addietro, le stesse che premiavano sistematicamente quanti, come pappagalli, riuscivano ad imparare la lezione a memoria; mi sono ricordato di presidi che, al posto di cercare di spronare alcuni professori di filosofia e storia ad insegnare, incredibile dictu, filosofia e storia invece che disquisire delle proprie ricette culinarie preferite, preferivano moralizzare i giovani studenti, come novelli Catoni Censori.
Mi sono ricordato del laboratorio linguistico e di chimica, stanze vecchie già dieci anni or sono, che venivano sfruttate talmente poco che ogni volta mi sembrava di andarci per la prima volta; delle professoresse di inglese che in cinque anni non ci hanno mai fatto fare una volta conversazione (in compenso ricordo ancora benissimo la costruzione di una frase al passato condizionale, utilissima se si deve parlare dei massimi sistemi con un filosofo).
E così via, fino a ricordarmi delle ultime polemiche per l'utilizzo del nome Arnaldo per la locandina di una innocua festa studentesca.
Ho ripensato a tutto questo e allora ho dovuto chiedere scusa alle statistiche.
Il 63simo posto è più che meritato. Per farmi tornare il sorriso, mi toccherà aspettare di leggere la classifica delle scuole più piene di sè.