venerdì 1 aprile 2011

5 cose che ho capito sulla satira (online) in Italia.

1) La satira online in Italia è l'esatto specchio di uno dei principali mali italiani: la frammentarietà. Ci sono decine di "punti" di satira, ognuno dei quali con le sue peculiarità e punti di forza, ognuno che, da solo, non riesce ad avere la forza di proporre al proprio pubblico un prodotto completo, ma solo parziale. Oppure si trova a dover aggregare lavori mediocri solo per riuscire ad ampliare il proprio ramo di competenza, perché i migliori di quel dato campo hanno il loro personale "punto" di satira e non vogliono collaborare.
Manca una visione di insieme e la capacità di mettere da parte il proprio ego per riuscire a creare un progetto che possa superare i confini del web o delle saltuarie pubblicazioni per potersi affermare come nuovo prodotto in grado di soppiantare tutti quelli bolliti che ci vengono propinati quotidianamente da chi, ormai, ha solo il nome e neanche più un'idea.

2) Il modello per lo più proposto da chi fa satira in rete è quello del piccolo progressista intellettualcazzone che si sente in imbarazzo a dire che di satira ci vuole vivere o che mette un prezzo al proprio lavoro, come se farsi pagare, ed il giusto, sia un qualcosa di cui bisogna vergognarsi. Per cui, di fronte alla semplice domanda "Ma quanto guadagni?", ecco che ci sono prese di distanza abissali, dal "Non troppo", "Non abbastanza", "La mia partecipazione è a titolo gratuito", "Il Misfatto non mi dà praticamente niente" ecc.ecc., come se dire: "Guadagno tot" sia volgare o un qualcosa di cui non rendere partecipi gli altri. Come se Pazienza avesse vissuto di sola aria, così come i Serra o i Luttazzi, ecc.ecc.. Ma poi continuiamo pure a dire che bene ha fatto Visco a pubblicare le dichiarazioni dei redditi di tutti gli italiani.
Bisogna essere orgogliosi di guadagnarci con quello che si fa, che sia tanto o poco, bisogna uscire dall'ottica dello sfigato studentello-bamboccione-30enne-quellochevolete che lo fa per la sola passione satirica e per fare l'intellettuale.
Chi non vorrebbe viverci di satira se è questo ciò che piace fare? Ecco, per farlo bisogna essere pagati. E per essere pagati bisogna fornire un prodotto ottimo che la gente comprerebbe. E bisogna essere consapevoli che quello che si vende è di valore.

3) La satira online è autoreferenziale e questo è un bel limite. Leggo battute e guardo vignette che contengono inside jokes o riferimenti impliciti a fatti ed episodi che possono conoscere solo le persone all'interno di questo micro (MICRO!) cosmo. Come se al lettore potesse interessare qualcosa di vecchie battute, lotte intestine, paraculate e quant'altro. E questo senza contare il modo di sponsorizzarsi e spalleggiarsi tra quelli che fanno parte di uno dei "punti" di satira, che rimbalzano le cose scritte dai propri amici con commenti entusiasti, creando un clima di melassa e di spompinamento che fa rende odiosa la lettura a chi, di tutte queste cose sotterranee, non interessa nulla e gli basta leggere qualcosa di buono, senza troppi orpelli d'accompagnamento.
Peraltro, la lode sperticata, l'utilizzo di espressioni da orgasmo multiplo fatte da chi partecipa già alla creazione di battute e/o vignette ed è quindi "collega", appare come un sintomo di debolezza, perché non si ritiene il prodotto sufficientemente buono da potersi reggere sulle proprie gambe, oppure uno scambio di cortesie del tipo "do ut des", io spompino te, tu spompinerai me.
Tutto questo non aiuta la satira online a rendere di sè un'immagine seria e "professionale", con la conseguenza che si tenderà sempre a rimanere nella cerchia, ampia o ristretta che sia, della blogosfera, del proprio numero di fans su facebook, del proprio numero di amici virtuali.

4) Ogni "punto" di satira ha un proprio bacino di utenti ben definito, a questo si rivolge e tende a volerlo conservare. Questo fa sì che, con l'aumentare del bacino, si perda progressivamente la capacità di sperimentare e di osare, perché non si vuole correre il rischio di perdere quanti si sono già acquisiti. Questo comporta il susseguirsi di battute su berlusconi mafioso e pedofilo, sul papa pedofilo, sul leghista ignorante, sul pd inutile, sulla barca di D'Alema, sulle divise di Gheddafi, sui viaggi all'estero di Frattini e sull'italiano di Di Pietro. Tutti questi argomenti sono diventati ormai dei topos e pare non si riesca ad andare oltre. O meglio, si potrebbe andare oltre, ma correndo il grosso rischio di perdere utenza.
L'utenza viene vista come il bene supremo, il che è vero, ma come un qualcosa che non si può "sferzare", non si può "provocare", ma che bisogna solo assecondare.
A suo tempo sentii dire, per giustificare la non pubblicazione di una battuta, "Il pubblico non è pronto". Ecco, entrare in un'ottica del genere, è la morte della stessa satira.
Dare al pubblico solo ciò che vuole, è solo commercializzazione cieca delle proprie creazioni e, di fatto, limita, rectius autolimita, la libertà di espressione che, in un campo come quello della satira, dovrebbe essere la più ampia possibile.

5) Chi produce satira online manca totalmente di iniziativa, incarnando il modello del blogger sfigato che continua a scrivere in attesa che qualcuno si accorga di lui. Manca strategia, mancano le capacità imprenditoriali per cercare di uscire dalla blogosfera o, comunque, di guadagnarci in qualche modo. Manca il coraggio di provarci. Negli anni '70 si sono poste le basi per far uscire il Vernacoliere. Ora si aspetta che venti anzianotti bolliti riescano a rifare Il Male, nella speranza che lancino qualche briciola ai più giovani, più bravi ed innovativi di loro, peraltro, ma che accettano di lavorare semigratis perché non hanno rispetto di se stessi.
Questi vecchi che bivaccano nei salotti buoni del potere non vengono mai presi di mira, forse uno sberleffo scherzoso ogni tanto.
Sono loro il nemico, loro e la mancanza di rispetto verso se stessi e verso le proprie opere.
Provate a scioperare dal Misfatto e da Repubblica ogni volta che il pagamento è insufficiente o non arriva. Non vi fanno un piacere a pubblicarvi, siete voi che lo fate a loro.
E tutto il tempo perso per questa gente irriconoscente, si dovrebbe spendere per cercare di creare un progetto valido, editori che vogliano rischiare, commercialisti, avvocati, copywriter, grafici, ecc.ecc. che vogliano seguire un progetto che deve nascere da chi fa satira online, non da chi vuole guadagnare da chi fa satira online.
Possibile che Charlie Hebdo in Francia funzioni e che in Italia non ci sia nulla? Il vernacoliere funzionava, poi cosa è successo? Sono cambiati gli italiani o non si è evoluto il giornale?
E se le cose stanno così, perché non ho ancora letto pezzi di satira su chi ha fatto la satira e ora si gode la sua posizione di privilegio, con il culo nel burro? Non è forse potere anche quello?
Manca la capacità di osare ai satiri online, di avere una visione, di credere in un progetto, di rischiare. Esattamente come a gran parte dei giovani italiani.

Siamo tutti uguali e moriremo tutti.